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Article Dans Une Revue Mélanges de l’École française de Rome - Italie et Méditerranée Année : 2013

Caduta libera: costituzione e lo spazio della nazione

Résumé

The relationship between landscape and nationality is a source of refined cultural exercises. The landscape links to the nation in a circular relationship, since the nation is defined by the land it occupies, and that land provides the visual constants that make the landscape in turn. The Italian landscape projects the ideal of a country which has never existed. Landscape and the nation-both modern constructions-are fragile and at risk. The nation-states affirmed by the 15th century (but not in Italy) elaborated in fact upon the (re) discovery of nature and antiquity. Landscape was again exalted by romanticism, nationalism and the post-Napoleonic individualism. The crisis of modernity clearly traces a threshold for the stability of both landscape and nation. The constitutional pact between the two ideas is reconsidered at a time when both seem destined to break. Under this epochal process is not difficult to recognize the signs of a more specific problem : the difficult Italian relationship with change, the perennial misunderstanding of modernity, the refuge in the myth. What civic virtues, what political sense can we draw from the inherited idea of landscape ? The question is rhetorical, since neither the nation nor the landscape coincides anymore with old representations. However, the answers can help to overcome some of the educational rituals and Republican stereotypes.
La rappresentazione del paesaggio in Italia ha un percorso e caratteri specifici, che rispecchiano tre elementi; il carattere particolare della variegata geografia della penisola; il debole sentimento civico e lealtà nazionale, che congiunge una straordinaria capacità inclusiva con il perenne rischio di implosione; l’elaborazione risorgimentale dell’idea di nazione attraverso un approccio fortemente letterario, astratto e idealista (poco visuale, poco legato alle pratiche). La letteratura d’Italia racconta del giardino d’Europa rovinato dagli invasori, portati da cieche vicende storiche. Una delle conseguenze di questa attenzione – nel lungo periodo – è la cura dedicata dalla legislazione italiana alla protezione dei beni culturali. Politica e diritto si sono variamente occupate delle questioni relative ai beni culturali e al paesaggio in tutto la storia unitaria del paese. Nel corso del ‘900, in particolare, e attraverso vari e successivi regimi, un forte dibattito culturale conduce in lenta evoluzione e successive modifiche al riconoscimento del paesaggio e del patrimonio ‘della Nazione’ e, attraverso un accidentato percorso, all’inserimento del paesaggio nella Costituzione repubblicana . Ma il rapporto tra una nazione e il suo territorio non si limita a quanto riconosciuto dalle disposizioni giuridiche. Nella costituzione materiale del paese, dove a differenza di quella scritta pesano i comportamenti dinamici dei gruppi e classi sociali, il paesaggio non è tanto ‘riconosciuto’ nel contesto dello sviluppo culturale, ma iscritto in pratiche d’uso finalizzate alla valorizzazione diretta, a volte orientate alla produzione a volte retta da finalità più complesse. Una delle caratteristiche della costituzione materiale del territorio (e di riflesso del paesaggio) è, come in altri settori, il prevalere delle ragioni locali e informali, di quanto si raccoglie di solito sotto l’etico di irrazionale e perverso. Elusioni, collusioni, controdipendenze e minimalismo incrementale costituiscono spesso la sostanza dell’atteggiamento culturale nei confronti del territorio; salvo garantire un’autonomia estetizzante ai paesaggio turistici. Da un lato cioè il territorio viene incorporato nelle strategie patrimoniali a breve-medio periodo delle famiglie; dall’altro, se ne congelano alcune parti – città e borghi storici ecc. – per una fruizione più commerciale che estetizzante. Questa dura contrapposizione è spesso ripresa dalla critica della cultura alta, che riprende i temi risorgimentali del paesaggio fonte dell’identità culturale d’Italia. Il dubbio però è che questa contrapposizione non vada al fondo della questione, e ripeta solo il mito costitutivo delle elite peraltro ormai al margine dei circuiti di potere. Il mezzo per produrre lealtà e solidarietà civica consiste nel riconoscere “comuni radici storiche, matrici etnoculturali, e […] buone ragioni attuali per mantenerle” . In questo intervento ci si interroga dunque sulla convivenza tra una retorica consistentemente presente nella cultura alta del paese che insiste, a volte allo spasimo, sulla qualità del territorio italiano; e una pratica non lungimirante di uso del suolo che porta tanto frequentemente alla dilapidazione del paesaggio da far dubitare perfino dei fini utilitaristici. Anzi, lo spreco privo di cautele ha assunto sovente un carattere ostentato e provocatorio, che ha sollevato più volte dubbi sulla insensibilità, il cattivo gusto, o la cruda maligna intenzione distruttiva, delle classi popolari e dei nuovi ceti proprietari. Priva di sintesi centrale, molto elastico, il costrutto risorgimentale che celebra valore e virtù del paesaggio italiano riesce ad accomodare paesaggi, legittimità e aspirazioni diverse ma rimane rovesciato sulla testa. Proietta l’ideale di un’Italia che non è mai esistita, non dialoga con quella che si intravede sotto la crosta superficiale. Da un lato, si ripete il mito del primato culturale degli italiani; dall’altra, si censura una realtà quotidiana disordinata e irrazionale. Insomma, sia la realtà che la costruzione simbolica dei paesaggi sono fragili e a rischio, così come fragile e a rischio sono la realtà e il costrutto simbolico della nazione. La domanda è se quanto abbiamo ereditato dal passato possa ancora costituire uno dei materiali fondativi dell’essere nazione.
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Citer

Marco Cremaschi. Caduta libera: costituzione e lo spazio della nazione. Mélanges de l’École française de Rome - Italie et Méditerranée, 2013, 125 (2), pp.241-249. ⟨10.4000/mefrim.1379⟩. ⟨hal-02297074⟩
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